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Misure di genere - edizione 2023

E' disponibile lo studio "Misure di genere" del servizio studi e statistica della Città metropolitana di Bologna. Lo scopo è quello di mettere a disposizione informazioni, periodicamente aggiornate, legate al tema delle differenze di genere come filo conduttore nei differenti ambiti della statistica pubblica.

E' disponibile lo studio Misure di genere del servizio studi e statistica della Città metropolitana di Bologna. Lo scopo è mettere a disposizione informazioni, periodicamente aggiornate, legate al tema delle differenze di genere come filo conduttore nei differenti ambiti della statistica pubblica.Il periodo di riferimento dei dati varia in base alla differente disponibilità nei temi proposti. In ogni sezione si restituisce un confronto spaziale diversificato per scala o territorialità. In sintesi: 

  • Sono 520.977 le residenti nella città metropolitana di Bologna al 31/12/2021, su una popolazione complessiva di 1.010.812. Hanno cittadinanza straniera in 64.258, la nazione maggiormente rappresentata è la Romania con 15.284 donne, seguita dal Marocco. Complessivamente l’età media femminile è di 48,3 anni ed il 27% ha un’età superiore ai 64 anni (gli uomini sono il 22%).
  • Alla nascita, l’aspettativa di vita femminile è di 85,4 anni, contro gli 81,2 maschili. Nei tassi di mortalità standardizzati (anno 2019) per demenza e malattie del sistema nervoso, per incidente stradale o per tumore, le donne evidenziano una numerosità dei decessi inferiore a quella maschile, in particolare la mortalità evitabile (merito dell’assistenza sanitaria e della prevenzione) mostra un tasso dell’11,1 per 10mila residenti contro il 18,7 degli uomini.
  • Rispetto al titolo di studio, nella classe di età 25-64 anni, il titolo maggiormente diffuso è il diploma di istruzione secondaria, in particolare tra la popolazione maschile (38%) rispetto a quella femminile (35,3%). I titoli universitari sono invece più presenti nella popolazione femminile, con uno scarto tra i due generi del 3,8%. Non si rilevano particolari differenze nei titoli di dottorato accademico, mentre è più marcata la differenza tra i generi nel titolo "licenza media inferiore", più diffuso nella popolazione maschile che in quella femminile (+5,3%).
  • Focalizzandoci sull’istruzione secondaria di secondo livello, osserviamo come sia più marcata la presenza femminile al liceo rispetto ai tecnici ed ai professionali. Anche la percentuale di neo-diplomati che si iscrivono per la prima volta all'università, vede le ragazze, con il 62,9%, più predispose a continuare gli studi rispetto ai ragazzi (49,8%). Andando poi ad analizzare i risultati del test invalsi tra gli studenti delle classi III della scuola secondaria di primo grado, coloro che non raggiungono un livello adeguato di competenza alfabetica sono in prevalenza maschi, mentre le femmine risultano più deboli per la competenza numerica.
  • Per quanto riguarda la condizione occupazionale, è più favorevole nel territorio metropolitano rispetto all’ambito regionale e soprattutto nazionale per entrambi i generi. Nonostante ciò, nel 2021, per la classe di età 15-64 anni, il tasso femminile (64,1%) è notevolmente inferiore a quello maschile (75,7%), anche se in raffronto al dato nazionale, lo scarto osservato tra la componente femminile è di 14,7 punti percentuali, mentre più esigua (2,5) è la distanza con il dato regionale. Evidente svantaggio femminile anche per i tassi di disoccupazione e di inattività. Concentrandoci su una classe di età più giovane, tra i 25-34enni del nostro territorio, l’occupazione ha uno scarto tra i generi di quasi 20 punti percentuali con svantaggio femminile (85,5% contro 66,8%). Diverso andamento ha il tasso di disoccupazione che vede una tendenza inversa tra i generi: nel periodo post-pandemico decresce marcatamente per gli uomini, ma aumenta per le donne. Tale tendenza non viene riscontrata a livello regionale e nazionale, dove i tassi decrescono per entrambe le categorie. Particolare è l’andamento del tasso di occupazione femminile tra gli over 50 che risulta migliore rispetto al nazionale (66,2% contro 50,1%), ma la ripresa dal periodo pandemico è meno performante se confrontata con il dato regionale e nazionale, ed inoltre la differenza tra i generi nel 2021 risulta più marcata nel nostro territorio che nella regione o nella nazione. Particolare è l’andamento del tasso di disoccupazione che registra una tendenza inversa tra i generi: nel periodo post-pandemico decresce marcatamente per gli uomini, ma aumenta per le donne.
  • Dal punto di vista retributivo, il gender pay gap dei lavoratori dipendenti nel settore privato è pari a 8.8%, ciò significa che mediamente, una lavoratrice nell’area metropolitana bolognese guadagna 91 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo, dato peggiore rispetto alla media italiana che si attesta a 6.7%. Peggiore per le donne è anche l’importo medio annuo pro-capite dei redditi pensionistici, con una differenza di quasi 7.000 euro all’anno. Svantaggio riscontrato anche nella percentuale di giornate retribuite nell'anno tra i lavoratori dipendenti, dato nettamente in diminuzione nell’anno del covid e pari al 79,2% tra gli uomini ed al 74,1% tra le donne. La componente femminile risente maggiormente anche la mancata partecipazione al lavoro, con un tasso di coloro che non cercano lavoro, pur essendo disponibili, più elevato che per gli uomini (14,4% contro 6,4%), dato che peggiora se restringiamo l’osservazione alle persone più giovani, tra i 15-29 anni (25,1% contro 17,5%), dove l’unico aspetto incoraggiante appare un tendenziale restringimento nel tempo della forbice tra i sessi. Molto positivo per il nostro territorio, ed abbastanza omogeneo tra i due sessi, è il tasso di mobilità dei laureati tra i 25 e 39 anni pari a 32,4% che evidenzia l’attrazione del nostro territorio per le persone con elevato titolo di studio, attrattività non evidenziata dal dato medio italiano che è addirittura negativo.
  • Con riferimento all’imprenditoria, la città metropolitana registra 18.148 imprese femminili, percentualmente pari al 21,5%, con una variazione dal 2021 al 2022 modesta, ma positiva e pari allo 0,08%. Le altre attività di servizi, la sanità e l’assistenza sociale, sono i due principali settori di attività che mostrano anche un trend crescente nell’ultimo anno oltre che negli otto anni precedenti.
  • Un’analisi dei dati sulle cariche elettive per genere, evidenzia che nelle amministrazioni comunali del territorio metropolitano, l'assessore/a è la figura che presenta una maggiore equità nella distribuzione di genere, con il 47% di donne presenti. Tra le cariche di sindaco/a e consigliere/a, le percentuali femminili sono rispettivamente del 22% e del 40%. Le presenze femminili sono in linea con quelle delle amministrazioni comunali della regione Emilia-Romagna. Se confrontiamo questi dati con le percentuali femminili calcolate per le amministrazioni comunali di tutto il territorio nazionale, si nota una differenza di circa il 6% a favore delle amministrazioni comunali bolognesi, equamente diffusa in tutte le cariche.
  • Poniamo attenzione ai servizi offerti per la prima infanzia, in quanto potenzialmente connessi all’offerta di lavoro dei componenti della famiglia. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’area Servizi educativi della regione Emilia-Romagna al 31/12/2020, i servizi educativi per l’infanzia (fascia di età 0-3 anni) subiscono, per l’anno scolastico 2020-2021, un calo nel numero delle strutture presenti sul territorio rispetto all’anno precedente, da 311 a 291; contrariamente le scuole per l’infanzia hanno osservato un lieve incremento passando da 343 a 346, mentre il numero di bambini/e iscritti/e è diminuito, passando da 23.611 del 31/12/2019 ai 22.951 del 31/12/2020. In calo anche l’indice di presa in carico, ovvero il rapporto tra iscritti/e ai servizi e bambini/e residenti, calcolabile per italiani/e e stranieri/e che risulta rispettivamente paria all’84,6% e al 94,1%, con dati desunti dal Miur. Il calo registrato nell’anno 2020-2021, il primo iniziato dopo l’emergenza COVID, è di quasi 6 punti percentuali degli/le utenti di cittadinanza straniera, mentre tra le/gli utenti di cittadinanza italiana è di 1,06%.
  • Si accenna brevemente al tasso di abortività indicato con riferimento a 1.000 donne in età feconda che evidenzia una costante diminuzione tra le cittadine straniere, che registrano comunque un tasso del 15,1 per mille, ed un tasso sostanzialmente stabile tra le italiane, nel 2020 pari al 5,5 per mille. Rispetto alla condizione professionale, sono le donne occupate, seguite dalle disoccupate alla ricerca di nuova occupazione, a ricorrere maggiormente all’IVG.

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