Lo studio analizza la dinamica di medio termine dei redditi ai fini dell’addizionale comunale all’Irpef all’interno del Comune di Bologna. Lo studio nasce nell’ambito della convenzione tra il Comune di Bologna, l’Università di Bologna e l’Università di Modena e Reggio Emilia per valutare gli impatti finanziari e distributivi delle dinamiche demografiche ed economiche e le loro relazioni con riferimento alla popolazione residente nel Comune di Bologna.
Il periodo esaminato, che parte dal 2002 ed arriva al 2017, attraversa due fasi di recessione dell’economia (2007-2008 e 2012-2015) che, sia livello nazionale, sia a livello locale hanno avuto un forte impatto sulla formazione dei redditi individuali e famigliari e sui loro livelli. Questi due shock si sovrappongono ad alcune tendenze di fondo della società e dell’economia bolognese: il progressivo invecchiamento della popolazione; la continua crescita della presenza femminile nel mercato del lavoro e l’aumento della componente straniera della popolazione. L’interazione tra questi aspetti rende l’analisi più complessa perché i costi economici e finanziari della doppia recessione si riverberano in maniera differente sulle differenti componenti della popolazione.
I livelli del reddito medio, quando questo viene misurato a prezzi costanti e sulla popolazione complessiva, testimoniano che anche a Bologna, come nel resto d’Italia, la crescita reale si è quasi fermata nel quindicennio esaminato. Un’analisi più disaggregata evidenzia tuttavia tre importanti processi di ricomposizione: tra classi di età; tra uomini e donne; tra nativi e immigrati.
- Il primo fenomeno, comune alle tendenze in atto in tutta la nazione, mostra come le classi di età più anziane risultino le vere “vincitrici” nella competizione per le risorse, scarse, di questa fase temporale. I giovani al contrario risultano penalizzati in ogni possibile prospettiva (reddituale, demografica, ecc.) tra quelle scelte per studiare il generational divide della società bolognese.
- Sotto il profilo dei differenziali retributivi di genere, il periodo esaminato testimonia un percorso, non ancora concluso, di recupero della componente femminile rispetto a quella maschile. Seppure il gender pay gap sia ancora presente alla fine del periodo, esso risulta in diminuzione, a testimonianza di una società e di un’economia locale all’interno della quale il contributo delle donne alla formazione del reddito imponibile Irpef continua a aumentare, pur partendo da livelli già superiori a quelli medi dell’Italia.
- Gli ultimi 15 anni vedono infine crescere la componente straniera, che nell’arco di un quindicennio triplica la propria presenza nella platea dei contribuenti. Non altrettanto positiva è invece la dinamica dei redditi degli stranieri che, pur partendo da livelli comunque bassi, vede aumentare le distanze rispetto ai redditi dei nativi.
Le implicazioni distributive dell’interazione tra bassa crescita e ricomposizione dei gruppi socio economici pongono tematiche importanti alle autorità di politica economica, che necessariamente si trovano a dover prendere decisioni complesse in uno scenario di risorse scarse, aspetto reso ancor più drammatico dagli effetti della recente recessione causata dalla pandemia.
La dimensione familiare dei redditi permette ulteriori e importanti qualificazioni sulla definizione e la misura del livello di benessere all’interno della comunità cittadina. Se da un punto di vista strettamente demografico emerge con chiarezza la crescita delle unità familiari di tipo unipersonale (con qualche cautela sulla corrispondenza tra numero “formale” e numero “reale” di famiglie unipersonali), dal punto di vista economico è ancora questa tipologia di famiglia (i single), insieme alle famiglie senza figli, a registrare aumenti nel livello medio del reddito reale. Tutte le altre tipologie familiari (coppie con figli, nuclei monoparentali, ecc.) vedono, al contrario, ridursi il loro reddito. Si tratta di tendenze coerenti con quanto emerge a livello di singolo contribuente. L’analisi del benessere a livello familiare, anziché individuale, permette tuttavia di individuare anche le tipologie di famiglia in condizioni di maggiori difficoltà economiche e bisognose di interventi pubblici di sostegno.
Con riferimento alla possibilità di scomporre la popolazione bolognese in gruppi tra loro distinti (per genere, classe di età, cittadinanza, zona amministrativa di residenza), la ricerca si sofferma su questioni distributive di particolare interesse, come lo studio delle componenti between (variabilità nei redditi medi tra gruppi) e within (variabilità dei redditi all’interno dei gruppi) nella determinazione della diseguaglianza complessiva dei redditi.
Il ruolo redistributivo dell’Irpef, al netto delle iniquità (orizzontali e verticali) che affliggono l’imposta personale, rimane di primo piano. La diseguaglianza dei redditi, misurata dall’indice di Gini, si riduce in maniera sostanziale, da prima a dopo l’Irpef. L’incidenza dell’imposta si conferma crescente all’aumentare del reddito, coerentemente con la natura progressiva del tributo.
La povertà relativa, riferita ad una soglia di povertà al 40% del reddito mediano, è in leggero aumento nel corso del quindicennio. Più che la crescita del fenomeno nel suo complesso, è tuttavia l’emersione di nuove tipologie di soggetti e/o di famiglie a rischio di povertà che preoccupa: tra queste troviamo, in particolare, gli individui di età inferiore ai 40 anni e i nuclei monoparentali. Al contrario, tra gli ultra-sessantenni e le famiglie unipersonali la povertà è in diminuzione. Tra le tipologie familiari maggiormente a rischio di povertà ritroviamo anche quelle composte da immigrati e i nuclei con elevati carichi di famiglia.